Recensione Film
Anno: 1950
Regia: Akira Kurosawa (+)
Genere: Thriller, Mistery, Filosofico
★★★★★ 😋
Un uomo viene ritrovato morto in una foresta e parte un indagine su cosa
sia accaduto. In una struttura narrativa atipica per l'epoca Vediamo un
film frammentato in quattro storie, quattro diverse prospettive che
aprono una discussione profonda sulla natura umana, viene dipinto un
quadro nero che spaventa perché tutto è Relativo, la verità non può
essere ricostruita, siamo fragili, egoisti e mentiamo sempre, senza
morale e fiducia reciproca la struttura sociale è solo un'altra
menzogna, l'umanità si rivela essere solo un ammasso di caos animalesco e
nessuno può davvero capire il prossimo. Un film quasi muto, con pochi
dialoghi e grandi scene, Le Inquadrature sono tutte magnifiche, sotto un
diroccato cancello difensivo della moralità (il rashomon del titolo)
siamo avvolti da un mare di pioggia che sembra quasi il diluvio
universale, si entra poi in opposta calda foresta e iconiche sono le
inquadrature del sole che spunta attraverso le foglie. Molto buone anche
le interpretazioni degli attori, specialmente Quella del Bandito e della
donna, Risate Sataniche e inquietanti che rimangono impresse nella
mente cosi come i loro sguardi magnetici, volti sudati e ruvidi che
scavano la tensione del momento. I duelli presenti sono volutamente
senza stile e molto animaleschi, infatti i personaggi si studiano come
animali e Gli interrogatori sono inquadrati frontamente per spingere lo
spettatore a giudicare e riflettere in prima persona su quale sia la sua
verità. Unica critica che si può alzare è l'ovvio forzato finale
Ottimista e pieno di speranza ma proprio come sottolinea la storia
ognuno può credere quello che vuole e anche il finale che sembra
ottimista non è altro che un modo per accettare una possibile realtà.
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