Recensione Film
Anno: 2019
Regia: Ari Aster
Genere: Arthouse, Horror, Drama, Psicologico
★★★★★ 😰
Per superare un grande dolore una ragazza parte con il suo fidanzato stronzo e i suoi amici (anch'essi stronzi) in una strana comunità svedese. Il tutto è un potente e folle Arthouse horror pieno di atmosfere evocative e misteriose, Hereditary mi aveva sinceramente fatto cagare per una serie di scelte di regia irritanti ma Ari Aster questa volta mi ha convinto, resta una dose di spocchiosità intellettuale che mi da fastidio, scene allungate a dismisura per fare atmosfera, abuso di saccenti tecnicismi ed una recitazione esagerata con ridicola patomima da teatro sperimentale studentesco. Comunque il film nell insieme funziona piuttosto bene perché dopo il prologo diventa presto un onirico viaggio in cerca di un paradiso sensoriale che possa calmare questo ribollente dolore personale, attraverso prospettive diverse, cori, canti, messa in scena e gioco delle comparse in sottofondo si crea un interessante e contraddittorio miscuglio di sensazioni paurose e piacevoli, in questa comunità bene e male diventano un paradosso, si viene attratti e respinti dall eterno ballo che è la vita, trasformati e fusi con la natura. Da "the wicker man" in poi i film sulle comunità -sette sono ormai un sottogenere che sa di gia visto, quindi il riuscire a offrire qualcosa di nuovo è un impresa davvero dura ma il finale catartico ed evocativo di questo film riesce a superare questo grande ostacolo, un finale assolutamente sbarellato e artistico che non ha neanche tanto senso ma che per assurdo mi è sembrato molto terapeutico, offre bene una forte sensazione di chiusura, di folle serenità , esorcizzando quella grande fatica di vivere.
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